forse preferiamo una Bagnoli-bis in Puglia? E chi ricollocherà 17mila lavoratori quando a Cornigliano 650 sono ancora aggrappati, da anni, alla cassa integrazione? Piuttosto si pensi a investire su ambientalizzazione, sostenibilità e sicurezza" "Coloro che sostengono la chiusura dello stabilimento ILVA di Taranto, evidentemente non sono informati delle vicissitudini di altri stabilimenti siderurgici italiani già passati per un simile destino. E, pertanto, denotano pressapochismo e irresponsabilità". Aldo Pugliese, Segretario generale della UIL di Puglia, ricorda che "al Nord, a Sesto San Giovanni - Milano, da anni è stato chiuso il siderurgico Falck: ad oggi nessuna bonifica è stata effettuata e nessun lavoratore è stato ricollocato al lavoro. Sempre per rimanere al Nord, a Genova Cornigliano è stata chiusa da molti anni l'area a caldo Ilva: da allora i 650 lavoratori – ben poca cosa rispetto ai 17mila di Taranto – vivono grazie agli ammortizzatori sociali (la cassa integrazione è stata rinnovata di recente fino a settembre 2017) e ai lavori socialmente utili, per tacere degli interventi di bonifica, questi sconosciuti. A Bagnoli, l'Italsider Ilva è chiusa da 18 anni: anche in questo caso i lavoratori non sono mai tornati al lavoro, ma hanno fatto la spola tra ammortizzatori sociali e pre-pensionamento, mentre di bonifiche neanche l'ombra". "Si parla tanto di ripartenza dal Sud – continua Pugliese – eppure c'è ancora qualcuno che pensa a un Mezzogiorno deindustrializzato, che possa elevarsi dalle ceneri della crisi come per magia. Lo Svimez è stato chiaro: il Sud è destinato ancora ad inseguire e chi parla di ripresa mente sapendo di mentire, visto che gli investimenti totali da Roma in su hanno segnato un +2%, mentre qui da noi sono fermi allo 0,6%. Inoltre, in settori vitali, come l'industria e l'edilizia, il famoso 'rimbalzo' al Centro Nord è già iniziato, mentre al Sud partirà, forse, nel 2017. Come si può pensare, in un contesto simile, di chiudere con tanta leggerezza il più grande stabilimento siderurgico d'Europa, che mantiene il reddito di oltre 17mila famiglie?". "L'unica soluzione – prosegue il Segretario della UIL – per mettere in campo il rilancio dell'azienda e, soprattutto, un processo concreto di ambientalizzazione che segua pedissequamente le direttive dell'Aia, finora ignorate con grande responsabilità del Governo e dei commissari, è mantenere attivo lo stabilimento ionico, altrimenti il disastro, una Bagnoli-bis, sarà pressoché inevitabile, quasi scontata". "Restiamo convinti – chiosa Pugliese – che bonificare 120 km quadrati di suolo, mantenendo la produzione dello stabilimento e, quindi, coniugando ambiente, salute e lavoro, sia e debba l'unica strada percorribile. Mettere questi tre pilastri l'uno contro l'altro, come se fossero in reale conflitto, non porta da nessuna parte, serve a distruggere e non a costruire un domani per Taranto, per la Puglia e per il Sud, come invece tutti auspichiamo. Vivere nel guado dell'incertezza non aiuta e porta a incidenti come quello che ha coinvolto il povero Giacomo Campo, costretto a intervenire senza alcun coordinamento tecnico, senza alcuna misura di sicurezza, senza alcuna garanzia. Le tecnologie per realizzare un nuovo modello industriale ci sono, eccome. In altri stabilimenti siderurgici, a livello internazionale, ci sono riusciti, con investimenti mirati su sostenibilità, ambientalizzazione e sicurezza dei lavoratori, cosa che a tutt'oggi né il Governo, né i commissari hanno fatto. Troppi sono i dubbi, la così detta politica degli annunci la fa ancora da padrona e non si intravede alcun futuro per l'Ilva. Noi siamo pronti ad aprire un confronto serrato sull'argomento, a patto che esista davvero la volontà politica di farlo". Ufficio Stampa UIL C.so Alcide De Gasperi, 270 70125 – BARI e-mail: tel.: 080/5648991-080/5648982 |